di Roberto Musa
Benvenuti se avete piacere a leggere una riflessione su questo voto non banale che offre numerosi spunti, sia da una parte che dall’altra.
Vorrei iniziare con l’affluenza.
L’affluenza del 53,75% è in leggera crescita rispetto alle regionali del 2014 (52,28 % http://www.regione.sardegna.it/index.php?xsl=2186&s=1&v=9&c=11987&t=1&tb=11625&st=20&opt=affluenza&ore=22&dc=1&t=1&tb=11625&st=20) ma in forte calo rispetto alle politiche del 2018 che vedevano il 65,51% dei votanti partecipare alla tornata elettorale (https://www.ilfattoquotidiano.it/elezioni-politiche-2018/risultati/camera/circoscrizione/sardegna.html) e del 2013 (68,4% media tra camera e senato https://www.ilsole24ore.com/speciali/2013/elezioni/risultati/politiche/camera/circoscrizione_sardegna.shtml?refresh_ce=1), segno evidente che l’elezione dei rappresentati locali sia meno sentita rispetto a quella nazionale. Va detto, ad onor del vero, che le elezioni si sono svolte in un momento di fermento nella regione con la protesta dei pastori che da un lato si è calmata che alcuni portano ancora avanti in maniera talvolta anche violenta, invitando i sardi a non prendere parte alle elezioni. Questa analisi non riguarda questa protesta e non mi ci addentrerò tuttavia in qualche modo questa può essere stata importante anche per il voto visto che storicamente sono più sensibili a queste situazioni gli elettori di sinistra che, seppur non in massa, potrebbero aver aderito a questa astensione solidale. Trovo doppiamente importante, a fronte anche di questo, l’affluenza che dimostra un timido ritorno della popolazione sarda ad interessarsi alla propria amministrazione.
Proseguiamo con i candidati presidente, Solinas e Zedda, che hanno avuto entrambi un’importanza per la propria coalizione, uno per la provenienza politica e l’altro per il carisma e la capacità di unire un mondo politico molto frammentato come quello del centrosinistra, locale e non. (https://www.regione.sardegna.it/speciali/elezioniregionali2019/risultatiriassuntivi.html)
Solinas, col 47,81% delle preferenze dei votanti, non è stato un valore aggiunto per una coalizione che ha preso invece il 51,74% delle preferenze, quasi un 4% in più del candidato presidente, ma ha una grande importanza simbolica perché proviene da un partito indennitario come il Partito Sardo d’Azione.
Al contrario Zedda con il 32,93% delle preferenze a fronte del 30,18% della sua coalizione si dimostra la figura carismatiche che non solo è stato capace di unire un ambiente politico in continua lotta ma anche di far presa sugli elettori. In questo caso, essendo lui sindaco in carica a Cagliari, è importante vedere come nel capoluogo abbia preso il 44,38 % (39,29% la coalizione) dei voti contro il 40,90 % (46,63% la coalizione) del rivale Solinas. Nuovamente si assiste alla differenza di impatto con dei distacchi molto meno netti seppur la preferenza al centrodestra rimanga.
Una breve citazione al candidato del M5S che prende 1,44% di preferenze in più rispetto alla propria lista con un 11,18% per lui a fronte di un 9,72% per la sua lista.
Passiamo ora all’analisi su coalizioni e liste.
Partiamo, molto in breve, dal M5S, partito di governo che se è vero che 5 anni fa non si è presentato alle regionali è altrettanto vero che in Sardegna (e non solo ma non fa parte di questa analisi) sia scoppiato come una bolla di sapone dopo il netto successo alle politiche di meno di un anno fa. Personalmente ritengo che il M5S sia stato un movimento di protesta, capace di unire le numerose voci scontente per i più disparati motivi, dar loro risonanza e diventare così il primo partito in Italia… fino a governare, quando la rabbia la devi mettere da parte e devi trovare soluzioni, che spesso accontentano una parte di un elettorato così vario scontentando l’altra. La storia ci dirà, certo non è il loro momento di forma migliore.
Lista di centrosinistra, in apparenza un po’ un freno per Massimo Zedda ma è notevole la capacità che sotto questa figura hanno dimostrato di mettere da parte le proprie differenze per un obiettivo comune. Non è evidentemente bastato.
Le varie liste identitarie presentatesi in solitaria hanno svolto il tipico ruolo marginale che la storia assegna loro, proprio per questa incapacità a fronte di un obiettivo comune di fare quadrato e presentarsi uniti. Ma questo discorso continuerà nell’analisi dell’ultima coalizione.
Ho lasciato alla fine la coalizione di centrodestra perché trovo che sia la più interessante da analizzare per la ricchezza di spunti che offre. Innanzitutto parliamo del loro primo partito, la Lega, che rispetto a pochi hanno fa ha svoltato da un’identità secessionista ad una autonomista ed identitaria che sta funzionando bene sia a livello comunitario che nazionale che locale. Va da sé che prima i sardi, prima l’Abruzzo, prima i laziali e prima i lombardi e tutti gli altri alla fine prima nessuno, tuttavia questa contraddizione può essere la strada per uno stato federale dove le regioni aumentano la propria autonomia e possono valorizzare le proprie caratteristiche. Contraddizione forte ma allo stesso tempo interessante, sinceramente il partito che più mi incuriosisce per i 5 anni a venire. Secondo partito della coalizione il Partito Sardo d’Azione, storica lista identitaria che questa volta esprime anche il presidente della regione e credo che questa sia la vera rivoluzione di questa tornata elettorale. Per onestà va detto che queste due liste abbiano una linea di divisione ormai molto poco marcata, alcuni esponenti del Psd’Az saranno candidati con il simbolo della lega alle europee, segno di una collaborazione fondata da un’unione di intenti autonomista. Illusorio il dato di Forza Italia rispetto alle politiche perché, come Lega e Psd’Az, ha varie collaborazioni e fusioni a livello politico con varie liste locali che unendo le loro percentuali all’8,01% della lista di Berlusconi lo portano oltre il 14% di un anno fa. Ma al di là di FI, la cosa molto interessante della coalizione di centro destra è la percentuale autonomista che diventa dominante: se sommiamo i voti di Lega, Psd’Az, Sardegna20venti - tunis, Pro Sardinia - unione di centro, Sardegna Civica, Forza Paris e Partito UDS - Unione dei Sardi, già raggiungiamo un rispettabilissimo 33,45%, a cui possiamo unire le percentuali di liste locali un po’ più meno autonomiste come i Riformatori Sardi arrivando al 38,48%. Personalmente credo che lo spunto principale di queste elezioni sia questa ritrovata, o meglio, meno divisa del solito, voglia di autonomia che si incarna in partiti storici come Psd’Az e Forza Paris uniti da una nuova Lega che si mostra capace di dare una voce più squillante alle mille voci confuse che da decenni caratterizzano il panorama politico sardo.